L’articolo 2500-septies del c.c. disciplina la c.d. trasformazione eterogenea regressiva da società ad enti di diversa natura prevedendo che le società disciplinate nei capi V, VI, VII del presente titolo, ossia le società di capitali, possono trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni.
Ci si può chiedere a questo punto se sia possibile trasformare una società in un ente quale il trust.
Tra le ragioni che possono rendere opportuna la trasformazione di una società in trust vi può essere, ad esempio, l’esigenza di ottimizzare la liquidazione della società, ovvero di eliminare, dal mondo giuridico, una società (es. una società di comodo) per destinarne il patrimonio ai beneficiari del trust.
È opportuno in questa sede ricordare come il trust, seppur assimilato ad ente commerciale o non commerciale (soggetto passivo all’imposta sul reddito delle società dalla disciplina fiscale ex. Art. 73 del Tuir), civilisticamente non è un ente ma un vincolo di destinazione ex. 2645 ter.
Una prima lettura dell’art. 2500-septies, ci porterebbe a dire che la trasformazione di società in trust non è possibile, appunto perché il trust è fiscalmente assimilato ad un ente ma non è un ente anche sotto il profilo civilistico.
Sul punto, lo studio del notariato 17-2013 ha equiparato la trasformazione di società in trust alla trasformazione in comunione d’azienda inclusa espressamente nell’articolo 2500-septies.
Lo Studio 17-2013 ha, però, precisato che la trasformazione in comunione di azienda quale alternativa alla liquidazione è ammessa soltanto in presenza di un’azienda idonea allo svolgimento dell’attività d’impresa e non è consentita in presenza di un insieme di beni che non costituiscono un’azienda come ad esempio esclusivamente un compendio immobiliare; questo requisito deve essere mantenuto anche in ipotesi di trasformazione in Trust.
Secondo i Notai l’ammissibilità della fattispecie in esame è legata alla tutela degli interessi dei soci e dei creditori sociali.
In particolare:
1. gli interessi dei soci alla conservazione del modello organizzativo possono essere tutelati chiedendo l’unanimità nell’approvazione dell’operazione o con l’ulteriore previsione del diritto di recesso;
2. gli interessi dei creditori sono tutelati dall’art. 2500-novies c.c. che disciplina l’opposizione alla trasformazione.
A questo punto, è necessario valutare quali dovranno essere le caratteristiche del trust.
In una comunione d’azienda, nata a seguito di una trasformazione della società, sono presenti più soci cd. comunisti; parallelamente se si trasforma la società in trust, quali soggetti avrebbero la funzione di soci? forse i trustee?
I notai propongono le seguenti soluzioni:
1. trasformazione di società in trust che preveda quale trustee un terzo e beneficiari i soci medesimi;
2. trasformazione di società in trust che preveda quale trustee un terzo e beneficiari estranei rispetto ai soci (da soli o in aggiunta ai soci medesimi);
3. trasformazione di società in trust che preveda quali trustees i soci e beneficiari gli stessi soci e ulteriori soggetti.
E’ chiaro che la totale coincidenza tra trustee e beneficiari va esclusa a priori; dopo la trasformazione non potrà mai accadere, infatti, che i soci della società siano sia trustees che beneficiari; il rischio che si incorre è quello del trust nullo.
Una parziale coincidenza può rendere il trust interposto.
Pertanto la terza soluzione non è condivisibile.
Nemmeno la seconda soluzione pare accettabile perché per definizione, i beneficiari del trust “neo-costituito” devono essere i soci della società ormai trasformata, altrimenti verrebbe meno l’equiparazione alla comunione di azienda dove gli ex soci diventano i comunisti d’azienda.
L’unica soluzione accettabile, pur se con una serie di criticità che in questa sede non è il caso di esaminare, pare la prima.
Un ulteriore aspetto da chiarire riguarda il fatto che la trasformazione di un’azienda in trust, comporta il proseguimento dell’attività aziendale da parte del trust stesso, così come avverrebbe se la società si trasformasse in una comunione d’azienda.
Pertanto il trust non sarebbe un semplice ente non commerciale, bensì un ente commerciale dotato anche di partita iva, abbastanza raro nella prassi professionale.
In ultima battuta ci si può chiedere chi è il soggetto che conferisce i beni in trust, che nella prassi assume il nome di “Disponente”. In questo caso pare addirittura non esserci questa figura.
A seguito di alcuni spunti di riflessione sopra esposti, emerge come la trasformazione da società a trust sia possibile solo quando la società contenga una azienda e solo se i beneficiari sono gli stessi soci della società originaria.
Se i beneficiari fossero diversi si esce dalla casistica della trasformazione eterogenea.
Fonte: Fiscal Focus